La disabilità… dimenticata
Articolo di Alessio Belleri
L’emergenza nell’emergenza: tanti gli appelli di aiuto delle persone con disabilità cognitive e sensoriali e delle loro famiglie, abbandonate a sé stesse. Parla la presidente di AILA.
“Siamo soli, abbandonati a noi stessi” o ancora “Niente dispositivi di protezione individuale e niente assistenza”, “Più di due mesi lasciati al nostro destino. E cosa succederà adesso con la cosiddetta ‘Fase 2′?”: giusto il tempo, alla fine, di aprire la casella di posta elettronica che questi e altri messaggi cominciano ad arrivare uno dopo l’altro. Sono tanti, tantissimi e così è praticamente ogni giorno. Un vero e proprio grido di allarme e di aiuto, perché, ancora una volta, alle parole non hanno fatto seguito, purtroppo, i fatti. La disabilità… dimenticata, in uno dei momenti più bui e difficili che il nostro Paese sta vivendo (l’emergenza Coronavirus). “Sempre la solita storia – commenta Ada Orsatti, presidente di AILA (Associazione Italia Lotta Abusi) – Si continua a raccontare di abbattere le barriere architettoniche, ma poi rimangono salde quelle mentali. Sapete cosa significa per un bambino, un ragazzo, un adulto ed anche un anziano con disabilità cognitive e sensoriali dover affrontare un momento come quello con il quale conviviamo ormai da settimane? Già è complesso nella normalità, figuriamoci adesso, ancor di più se non può avere il necessario sostegno di cui avrebbe bisogno”. Scuole chiuse, i centri diurni integrati anche, l’assistenza domiciliare che, nella maggior parte dei casi, si è dovuta interrompere e tutto che, inevitabilmente, è ricaduto sulle famiglie che si sono dovute, come si dice, “rimboccare le maniche’, supplendo ad ogni mancanza. “Loro sì che hanno fatto un lavoro straordinario – ribadisce Orsatti – Queste persone, per le varie problematiche che hanno, non possono permettersi di stare fermi con l’attività che quotidianamente svolgono (sia a livello mentale sia fisico). Ogni giorno per ciascuno è un traguardo, un tassello che si aggiunge ad un percorso mirato e preciso di crescita e, allora, bloccare tutto vuol dire perdere molto. Eppure questo, purtroppo, è e sta succedendo. E’ mancato il sostegno che, invece, avrebbe dovuto essere garantito e prioritario”. Ci hanno pensato, appunto, i nuclei familiari a non far sentire queste mancanze, però adesso sono arrivati al limite, allo stremo. “Non ce la fanno più – conclude la presidente di AILA – E le istituzioni (statali e regionali) dove sono? Tante bei proclami, certo, nella concretezza però… Vi farei vedere le mail con richieste di aiuto che ci arrivano, migliaia da quando è cominciata la pandemia: mamme e papà, fratelli o sorelle che sono in grande difficoltà e che si sentono persi, abbandonati a loro stessi, con la rabbia e la delusione per ciò che è stato e con la preoccupazione di cosa potrà essere del proprio caro in ottica della cosiddetta ‘Fase 2’. Non si chiede chissà che. Si vogliono quei diritti che dovrebbero essere garantiti e che, ancora una volta, purtroppo, sono stati messi da parte; le categorie fragili e deboli, insomma, di nuovo lasciate all’abbandono. In tale senso, allora, le proposte che stiamo cercando di portare avanti sono semplici, ma a nostro avviso importanti per provare a ripartire e farlo tenendo in considerazione davvero l’intera popolazione: test sierologici regolari agli operatori dell’assistenza domiciliare, nei centri diurni integrati ed ai familiari stretti degli assistiti, quindi fornitura di mascherine, guanti e dei vari strumenti di protezione individuale, fino, appunto, al sostegno a casa. Con molti genitori o parenti che riprenderanno a lavorare, chi ha disabilità cognitive e sensoriali si ritroverebbe, infatti, da solo e ciò avrebbe conseguenze significative. Non possiamo permetterci che ciascuno perda i risultati raggiunti nel tempo. Ne va del loro presente e del loro futuro”.
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