giornata della memoria
27 gennaio Giorno della Memoria… o forse no
Il Giorno della Memoria ricorda la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945 da parte delle truppe dell’Armata Rossa e la fine dell’Olocausto.
Da quando nel 2005 le Nazioni Unite istituirono formalmente tale giornata ci siamo abituati attorno al 27 gennaio a vedere spot, manifesti, mostre ispirate a tale ricorrenza.
Ma cosa significa davvero “Giornata della memoria”? Che cosa ci ha concretamente insegnato un dramma che ha portato alla morte di milioni di persone incitando alla violenza e ad una presunta superiorità di razza?
Non basta mettere qualche post sul proprio profilo fb se poi si aggredisce il proprio vicino di casa, non ha senso proporre nelle scuole la visione del film Schindler List se poi si fa finta di non vedere casi di bullismo…
Non ha nemmeno alcun valore il fatto che il nostro Stato finanzi spot pubblicitari per rammentare la ricorrenza del 27 gennaio se poi si assecondano gli Stati Uniti che da settimane minacciano la Russia con la scusa di voler “difendere l’Ucraina”.
I meno ingenui sanno bene che la situazione in tale zona è ben più complessa e riguarda prettamente ambiti economici e di predominanza politica non certo di tutela verso una popolazione ucraina esasperata da tempo da un presidente accentratore e da un’amministrazione pubblica corrotta a tutti i livelli.
Avrebbe piuttosto senso rammentare al nostro Paese e a tutti gli stessi membri dell’ONU uno degli obiettivi riportati nel proprio statuto: “il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il perseguimento di una cooperazione internazionale e il favorire l’armonizzazione delle varie azioni compiute a questi scopi dai suoi membri”.
E ciascuno deve fare la propria parte…
Avere memoria per noi cittadini significa dimostrarlo tutti i giorni, con i propri gesti, scegliendo di non far finta di non vedere i torti e gli abusi subiti da altri.
Avere memoria per lo stato italiano significa avere compreso che l’aggressione verbale e militare verso un’altra nazione può portare solo all’incitamento all’odio e alla violenza e bisogna invece avere la capacità politica di mettersi ad un tavolo e promuovere il dialogo, individuando i valori comuni, le speranze di pace condivise dai popoli di tutto il mondo.
Bisogna avere memoria del passato perché la sofferenza di milioni di uomini e donne non sia stata vana, per non cadere più nel vortice della violenza, per coltivare ogni giorno il coraggio di cambiare il mondo e in meglio.
“Il passato non si cambia, ma se si cambia il presente si finisce per cambiare anche il futuro.”
Jean-Paul Malfatti, Poeta contemporaneo italo-americano
La memoria del passato per sapere riconoscere le ingiustizie anche nel presente
Questa mattina sono stata colpita da una notizia di cronaca: giovani tra i 20 e i 30 anni arrestati a Licata per avere picchiato selvaggiamente dei disabili e avere poi postato le scene della violenza sui social… proprio oggi, nella giornata della memoria, quando bisognerebbe interrogarsi sull’abisso a cui può portare la crudeltà umana.
Partiamo dai fatti storici. La notte del 22 luglio 1944 gli uomini dell’Armata Rossa giunsero al campo di concentramento di Majdanek e lo liberarono; le SS in fuga avevano dato fuoco agli edifici bruciando solo le parti in legno e così vennero scoperti per la prima volta i forni crematori, le camere a gas, le confezioni di Zyklon B, le fosse comuni… Successivamente vennero conquistate le zone in cui si trovavano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka. Poi, esattamente 76 anni fa, il 27 gennaio del 1945, le truppe sovietiche liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, da cui 10 giorni prima i nazisti si erano rovinosamente ritirati portando con loro, in una marcia della morte, tutti i prigionieri sani, molti dei quali morirono durante la marcia stessa.
La scoperta dei campi di sterminio mostrarono e dimostrarono al mondo intero la tragedia nella tragedia: all’interno del terribile conflitto mondiale si scoprì la crudeltà della prigionia, delle torture e della morte nei lager nazisti, dove perirono milioni di ebrei, oltre a disabili, omosessuali, slavi, dissidenti che, per motivi razziali o politici, condivisero la stessa sorte di pulizia etnica.
Nel 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite stabiliva il 27 gennaio quale ricorrenza internazionale per commemorare le vittime dell’Olocausto, mentre in Italia gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211 avevano già definito le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”… sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto… in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
Ma forse scuole, istituzioni e famiglie hanno avuto fino ad ora il limite di legare la crudeltà umana ai soli tragici fatti avvenuti nei campi di sterminio, senza spiegare ai nostri ragazzi che non c’è poi molta differenza tra la violenza di un soldato contro un uomo inerme in un campo di prigionia ed un giovane dei giorni d’oggi che compie violenza su indifesi disabili.
Inutile leggere i versi di Primo Levi se poi non si è capaci di riconoscere tracce di disumanità anche nel nostro quotidiano.
Partiamo da un presupposto: l’uomo non corrisponde alla semplice visione rousseauiana di persona pura e cristallina che viene poi corrotta unicamente dalla società; certo molti tra coloro che si sono macchiati di crimini indicibili provengono da situazioni sociofamiliari degradate, ma la cronaca ci ha fatto conoscere anche reati efferati avvenuti per mano di figli di papà, violenze, umiliazioni, uccisioni, stupri nati soprattutto dalla crudeltà insita in quei stessi responsabili. Torna alla mente l’amara constatazione dei Pensieri di Blaise Pascal: “come è vuoto di bene e come è pieno di immondizia il cuore dell’uomo”.
Ma davanti alla propensione alla malvagità a cui tutti potremmo essere tentati, la differenza è fatta da chi sceglie di essere umano anziché bestia, da chi isola i colpevoli anziché tollerarli.
Scelte coraggiose, come quelle degli oltre 27.700 “giusti”, ossia persone provenienti da oltre 50 paesi che hanno aiutato gli ebrei a salvarsi sacrificando anche la propria vita. Scelte coraggiose come quelle di genitori e amici che scelgono di denunciare chi ha commesso reati gravi, specie verso i più deboli incapaci di difendersi.
Già perché se sappiamo bene che l’umanità partorirà sempre uomini capaci di spietata insensibilità e addirittura compiacimento nei confronti dell’altrui dolore ed umiliazione, la differenza la potremo fare tutti noi isolando i responsabili e facendo sentire loro i veri “diversi”.
“Siamo chiamati tutti a vigilare” – ha detto oggi il Presidente Mattarella nella ricorrenza della Giornata della Memoria – e io penso che lo potremo farlo concretamente decidendo di non rimanere indifferenti davanti alle ingiustizie, non tollerando più e non chiudendo gli occhi davanti alla violenza perché, come diceva Goya, “il sonno della ragione genera mostri” e chi fa finta di non vedere ne diventa in qualche modo corresponsabile.
“Si può scegliere da che parte stare, ogni giorno, ogni minuto della propria vita” Liliana Segre